Torcolato di Breganze – parte 2
20 Gennaio 2023Il Torcolato: l’oro dolce di Breganze
A spasso per le cantine del Torcolato e della Doc Breganze (prima parte)
Breganze è un piccolo borgo del vicentino alle falde dell’altopiano di Asiago che vanta una micro denominazione poco conosciuta ma di grande valore storico, nota soprattutto per una eccellenza ricavata dai grappoli del vitigno autoctono Vespaiola, tradizionalmente lasciati ad appassire appesi alle travi del granaio e che creano quel prezioso gioiello che è il Torcolato di Breganze.
Un territorio costituito da una sottile striscia pedecollinare di circa venti chilometri, stretta fra i fiumi Astico e Brenta con Breganze al centro, Thiene ad occidente e Bassano ad oriente, in un paesaggio costellato da splendide dimore patrizie come Villa Godi Malinverni, prima opera del Palladio, Villa Angarano e antichi borghi come Bassano del Grappa, Schio, Thiene, Marostica.
Anche sotto il profilo gastronomico la zona ha i suoi assi nella manica che vanno dal formaggio Asiago Dop alla sopressa vicentina Dop, dall’asparago bianco di Bassano Dop, alla ciliegia di Marostica Igp oltre a piatti tradizionali come il bacalà alla vicentina o il toresan (il piccione allevato) allo spiedo.
La regina della denominazione, presente solo in questa ristretta area, è senza dubbio la Vespaiola, uva a bacca bianca che deve il nome dall’attrazione fatale che provoca nelle vespe, dovuta agli ammalianti profumi e alla sua alta concentrazione zuccherina.
Se la Vespaiola rappresenta l’uva regina il Torcolato ne rappresenta l’essenza, con il suo gusto dolce-non dolce, armonico e vellutato, dall’ammaliante giallo dorato e dai profumi di albicocca, fichi, miele e uva sultanina.
Si ottiene dai grappoli migliori, maturati alla perfezione, riposti attorcigliati (“torcolati”, nel dialetto locale) ad una corda e appesi a travi di legno (per risparmiare spazio e proteggere i preziosi acini dai possibili roditori), nelle soffitte ben aerate delle case contadine nelle colline breganzesi, dove rimangono ad appassire per circa quattro mesi fino al gennaio successivo.
Durante questo periodo gli acini perdono gran parte dell’acqua contenuta, favorendo un elevata concentrazione degli zuccheri, prima di essere “torchiati” e messi a fermentare in piccole botti di rovere, con numeri limitatissimi dovuti sia alla scarsissima resa che alla complessa procedura produttiva.
Vino da meditazione può essere abbinato a pasticceria secca ma anche a formaggi erborinati o al foie gras.
Un nettare passito celebrato fin dal 1600, addirittura come elisir medicamentoso e appannaggio delle sole famiglie nobili.
Oggi la sua aura di bottiglia preziosa, da stappare per una ricorrenza speciale è rimasta nel suo dna ma il bello, come accadde spesso quando ci si occupa di vino, sono soprattutto le storie delle persone che lo producono a scriverne le pagine migliori.
In questo girovagare seguendo le tracce del Torcolato fra Breganze e dintorni partiamo da un pioniere della denominazione come Fausto Maculan, 72 anni quasi interamente vissuti in cantina (considerato che l’attuale ufficio coincide con il suo luogo di nascita) quando non è in giro per il mondo a far conoscere Breganze e i suoi vini.
Etichette pluripremiate come il blasonato “Fratta” o la sperimentazione in stile “muffato” degli “Acini Nobili” mentre nella sua versione del Torcolato riecheggia l’eleganza dello stile Sauternes (d’altro canto la sua passione per i vini francesi è risaputa).
Affinato in barrique nuove e usate si presenta con un giallo dorato carico, con al naso note di agrumi, albicocca secca, miele di tiglio e uva sultanina. In bocca espande la sua bella struttura e il perfetto equilibrio fra dolcezza e acidità che gli dona una grande versatilità di abbinamenti.
Per i giovani produttori della zona Fausto Maculan rappresenta il benchmark a cui far riferimento sia in termini di esperienza enologica che in termini di marketing e lui non si tira mai indietro quando si tratta di promuovere la sua Breganze come dimostra l’originale concorso gastronomico-artistico del “Premio Maculan”.
Sul fronte più tradizionale, a due passi dal campanile di Breganze, simbolo del borgo, troviamo un’altra firma della storia enologica locale come Firmino Miotti.
Insieme alla moglie Pina e alla figlia Franca porta avanti l’azienda di famiglia fra sperimentazione di vitigni antichi e rispetto della tradizione contadina.
La sua accezione di Torcolato ha profumi di dattero, mela cotta e miele di acacia, con una lunga persistenza che riempie e soddisfa il palato, predisponendo ad un nuovo sorso. Una versione rispettosa ma attenta all’evoluzione del gusto.
In soli 5 ettari (di cui 1,5 dedicati alla Vespaiola) ritroviamo una sorta di hortus conclusus della viticoltura breganzese con vitigni come la briosa Pedevenda, uva quasi scomparsa e tenuta in vita da oltre un secolo dalla caparbietà della famiglia Miotti.
Per rappresentare tutte le espressioni presenti nel borgo non possiamo non visitare la Cantina Sociale Beato Bartolomeo da Breganze, fondata nel 1950 con 121 soci.
Cresciuta insieme al territorio oggi conta 700 soci, una nuova cantina con bottaia sotterranea in stile cattedrale gotica ed oltre 2 milioni e mezzo di bottiglie, che rappresentano quasi i 3/4 dell’intera produzione della Doc Breganze.
Diretta da Elvio Forato, neo presidente del Consorzio, la Cantina Sociale a dispetto del numero di soci e bottiglie ha l’attenzione alla qualità da piccolo produttore, con etichette che spaziano in tutte le tipologie della denominazione e vendite suddivise fra mercato locale e esportazione estera.
Non mancano interessanti “sguardi in avanti” come la Vespaiola in versione metodo classico, “Bosco Grande”, millesimato che trascorre 24 mesi sui lieviti prima di farsi notare per la mineralità che il suolo vulcanico gli conferisce.
Quanto al Torcolato, contraddistinto nel loro caso dalla scelta dell’affusolata bottiglia alsaziana, è prodotto in “ben” 12mila bottiglie. Pur non spiccando per esuberanza, al naso le sue note di fichi e frutta secca si espandono al gustativo in un carattere docile, ben equilibrato fra dolcezza e acidità…
Segue seconda parte...
CONDIVIDI L'ARTICOLO
Giuseppe De Biasi
In questo blog vi accompagnerò in giro per l’Italia e in Europa, per parlarvi di vino, cibo e viaggi, alla scoperta dei miei luoghi del cuore e delle affinità elettive che mi legano a piccoli appassionati viticultori come a blasonate firme del vino.
Come giornalista professionista e sommelier da circa trent’anni curo rubriche di vino, enogastronomia e turismo su importanti riviste di settore (Bell’Italia, Bell’Europa, InViaggio, Italia a Tavola). Ma ciò che più mi entusiasma è raccontare le storie che si nascondono dietro ogni bottiglia. Di queste vi parlerò nei miei articoli, con suggerimenti per le degustazioni, abbinamenti gastronomici, consigli per i vostri viaggi alla scoperta del fascinoso universo del vino.
Calici in spalla, dunque, si parte!