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10 Maggio 2024Cinque millesimi per una verticale d'eccezione dedicata a Poggio al Vento Col d'Orcia, cavallo di razza del Brunello di Montalcino Riserva, in versione tradizione.
Una memorabile verticale all’interno di una serata incentrata sui vini Col D’Orcia, ospitata negli accoglienti spazi dell’unico ristorante che si può fregiare di due stelle Michelin di tutta l’area metropolitana di Bologna, lo storico San Domenico di Imola.
In degustazione cinque diversi millesimi di Poggio al Vento, dal 2001 al 2015: un arco temporale importante che ha dato modo di constatare l’eccellenza di questo grande protagonista della denominazione, autentico benchmark del Brunello di Montalcino Riserva in stile “tradizionale” e che è il frutto prezioso del primo vigneto piantato dal Conte Alberto Marone Cinzano nel 1974 su terreni sabbiosi e calcarei in un luogo esposto al vento e dominato dalla quercia secolare dove i viticoltori si riposavano a godersi l’ombra.
Vigneti in buona parte ancora originali e quindi ormai cinquantenari che, insieme a impianti più giovani, uniscono le forze per realizzare questo Brunello Riserva prodotto solo nelle annate giudicate eccelse, secondo il severo giudizio familiare.
Cinque millesimi accomunati da annate meteorologicamente calde se non addirittura siccitose ma che grazie alla accorta selezione clonale, alla densità d’impianto e alla bassa resa per pianta ha permesso di ottenere uve perfette tanto da poter produrre il Poggio al Vento. Come ha giustamente affermato Francesco Marone Cinzano: “il cambiamento climatico è la sfida che ci impegna maggiormente nelle scelte dello stile di vino che andremo a fare in futuro ma l’importante è di mantenere un approccio costruttivo rispetto a questo cambiamento non oppositivo, saremmo perdenti. Le piante stesse si stanno adattando a queste condizioni, soprattutto quelle più vecchie che godono di un radicamento più profondo”.
“Certamente - ha ribadito il figlio Santiago - mi augurerei di vedere annate fresche e bilanciate come la 2016 non calde come la 2015 e la 2012, ma penso che quest’ultime rappresentino un perfetto esempio di come sarà Poggio al Vento nei prossimi anni”.
Ma veniamo alla sintesi degustativa di questi cinque cavalli di razza della denominazione.
Poggio al Vento 2015
Prendendo spunto proprio dalle precisazioni di Santiago Marone diamo qualche nota sulle singole annate partendo proprio dalla 2015, seconda annata (dopo la 2013) certificata biologica, caratterizzata da ondate di calore, prolungate per quasi 20 gg, che hanno prodotto all’interno degli acini temperatura estreme.
Stress termico che ha portato ad un’evoluzione dei tannini già in pianta, che al sorso si intuisce dalla sfumatura lievemente addolcita che si percepisce nel finale.
Poggio al Vento 2012
La 2012 si è presentata in vendemmia con un calo di produzione di oltre il 30 per cento con acini piccoli e grande concentrazione delle uve, di ottima qualità. Un millesimo di bella personalità, avvolgente, dove prevalgono le note di frutti rossi e una speziatura mai invadente con sorso equilibrato e possente.
Poggio al Vento 2010
La 2010 con adeguata piovosità primaverile ed estate con temperature non eccessive al calice presenta note di frutta matura (lampone e ciliegia) e potenza calorica che evidenzia una certa austerità. Bella freschezza e finale su sbuffi di arancia amara con tannini di ottima fattura ma forse un po’ sottotono.
Poggio al Vento 2006
Nella 2006 l’andamento climatico è stato piuttosto bilanciato senza particolari stress estivi con maturazione equilibrata delle uve che nel calice si traduce in una struttura potente e di finissima eleganza. Al naso le note tipiche del vitigno vengono esaltate dai terziari dati dall’affinamento in botte con tannini fini e perfettamente integrati in un sorso di grande ampiezza e persistenza.
Poggio al Vento 2001
Chiudiamo la carrellata con la 2001, annata caratterizzata dalla forte gelata di aprile che ha ridotto la produzione a vantaggio della qualità con vendemmia anticipata a causa di un’ondata di calore fra fine luglio e inizio agosto. Sia all’olfattivo che al gustativo si fa strada una esuberanza giovanile fatta di un fruttato ammaliante che si fa fatica ad associare ad un vino di oltre vent’anni. Trama tannica fine, struttura potente ed elegante con invidiabile freschezza e infinita persistenza.
La nostra personale graduatoria vede il 2001 e il 2006 a pari merito, il primo per la giovanile esuberanza e il secondo per equilibrio e possibilità di evoluzione, forse addirittura superiori al fratellino maggiore seguiti, in ordine di preferenza dalla 2012, 2010 e 2015.
Ma è una classifica che non vede l’ora di aggiornarsi con le nuove annate e l’evoluzione delle più “attempate” sotto l’occhio bonario delle fronde della secolare quercia di Poggio al Vento.
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Giuseppe De Biasi
In questo blog vi accompagnerò in giro per l’Italia e in Europa, per parlarvi di vino, cibo e viaggi, alla scoperta dei miei luoghi del cuore e delle affinità elettive che mi legano a piccoli appassionati viticultori come a blasonate firme del vino.
Come giornalista professionista e sommelier da circa trent’anni curo rubriche di vino, enogastronomia e turismo su importanti riviste di settore (Bell’Italia, Bell’Europa, InViaggio, Italia a Tavola).
Ma ciò che più mi entusiasma raccontare sono le storie che si nascondono dietro ogni bottiglia. Di queste vi parlerò nei miei articoli con suggerimenti per le degustazioni, gli abbinamenti gastronomici, consigli per i vostri viaggi alla scoperta del fascinoso universo del vino.
Calici in spalla, dunque, si parte!