Una nobile maison di Champagne: De Venoge
10 Luglio 2023Pantelleria, la perla nera del Mediterraneo e i suoi vulcanici vini
20 Novembre 2023Un focus sulla eroica viticoltura di Pantelleria, la perla nera del Mediterraneo. Dal suo inimitabile zibibbo passito naturale alla promettente versione secca con l’attività del Consorzio di tutela e le nuove frontiere di abbinamenti gastronomici.
Pantelleria, la “figlia del vento”, bent-el-rhià, come l’avevano chiamata gli Arabi. Perla nera del Mediterraneo, patrimonio mondiale dell’umanità Unesco dal 2014 con la sua “identitaria” coltivazione della vite ad alberello. Un ecosistema vulcanico, fragile quanto unico, da preservare e far conoscere al mondo.
La recente l’istituzione, nel 2016, del Parco Nazionale (unico in tutta la Sicilia) ha dato nuovo slancio alla visibilità e alla frequentazione turistica (anche fuori stagione) con curati percorsi naturalistici, di trekking e valorizzazione delle notevoli tracce archeologiche ancora visibili dei popoli che, nei secoli, hanno popolato l’isola, dai Sesi ai Fenici, fino ai Romani, Bizantini e Arabi.
Ma risulta evidente, anche dal riconoscimento Unesco, che la coltivazione della vite e quell’unicum rappresentato dai vini nati sui fertili terreni vulcanici strappati alle colate laviche da eroici viticultori, rappresentino la sua centralità ed eccellenza produttiva.
E in questa scia che il Consorzio volontario di tutela e valorizzazione dei vini a Doc dell’Isola di Pantelleria, per citarne l’esatta denominazione, che ha appena festeggiato il quarto di secolo dalla sua istituzione, ne rappresenta il necessario volano promozionale, anche in virtù dell’ampia rappresentativa della produzione isolana (oltre l’86% dell’uva conferita per la doc).
Innanzitutto facciamo una breve carrellata di dati per inquadrare una realtà di soli 83 km quadrati come Pantelleria, posta nel mezzo del mar di Sicilia, a sole 35 miglia nautiche dalle coste tunisine e con un totale di appena 407 ettari vitati.
Premettendo che solo 40 anni fa gli ettari vitati erano quasi 5.000 si intuisce subito quale siano i problemi principali per il futuro della viticoltura pantesca, riassunti nell’abbandono dei vigneti per l’enorme monte d’ore lavoro necessarie a sfidare le impervie condizioni ambientali, nella parcellizzazione delle proprietà e soprattutto nello scarso reddito garantito dall’attività viticola che scoraggia i giovani a dedicarsi a coltivare e mantenere attive le terre dei propri avi.
I produttori totali sono 410 produttori (fra cui minuscole attività familiari che non raggiungono neppure l’ettaro di media) di cui 327 associati al Consorzio (80%).
La maggior parte di questi 410 sono conferitori o produzioni familiari perché si riducono a 22 i produttori di Pantelleria Doc con cantine presenti sull’isola. Per la precisione e in rigoroso ordine alfabetico: Abraxas di Prosit, Fabrizio Basile, Emanuela Bonomo, D’Ancona, Marco de Bartoli, Donnafugata, Ferrandes, Ferreri, Gabriele, Gorgone dietro l’isola, Il Serralh, Miceli, Minardi, Salvatore Murana, Oro di Pantelleria, Pantelleria Eroica, Carlo Pellegrino, Sapori di Pantelleria, Serraglia, Coste di Girlanda, Solidea, Vinisola.
L’oculata e misurata guida del Consorzio da parte del presidente Benedetto Renda, affiancata da un vicepresidente come il vulcanico e grande affabulatore Salvatore Murana, garantiscono imparzialità e azioni dedicate all’intero comparto ma probabilmente serve un colpo di reni, un guizzo creativo per spezzare una pericolosa spirale.
«Uno dei nostri obiettivi che ci siamo dati è di non parlare soltanto del Doc Pantelleria, ma di tutto il territorio. Vogliamo parlare con l'ente parco e le istituzioni sull'isola, con i produttori del cappero, con i ristoratori e gli operatori turistici: dobbiamo comunicare tutto il territorio, dove il vino rappresenta il fiore all'occhiello» - ha dichiarato Renda.
Un ruolo determinante, sia sulla parte di sostegno diretto ai viticoltori, sia sulla promozione sui mercati internazionali, può (e deve) svolgerlo la Regione Sicilia attraverso l’Assessorato all’Agricoltura, allo Sviluppo Rurale e alla Pesca Mediterranea, ma Pantelleria ha la necessità di un impegno “dedicato” per portare i suoi vini a sfidare i mercati del nuovo millennio.
Il "nodo" del passaggio generazionale
Il difficile passaggio generazionale sta mettendo a dura prova la continuazione di piccole realtà familiari che garantivano non grandi numeri ma mantenimento dei vigneti e cura del territorio. La mancanza di formazione dei giovani alle attività peculiari dell’isola è un altro forte handicap. L’unico polo di istruzione superiore, l’encomiabile “Vincenzo Almanza” situato nel capoluogo, non è purtroppo dotato nel piano formativo di un indirizzo agrario o enogastronomico, due asset che insieme al turismo rappresentano le più valide possibilità per i giovani panteschi di poter rimanere a lavorare a casa propria ed evitare di emigrare, con il conseguente abbandono di terreni e coltivazioni. E dire che sul piano vitivinicolo i “maestri” per integrare le lezioni in aula non mancherebbero (ma non sono eterni, purtroppo) per passare l’esperienza di generazioni e di sperimentazioni su potatura, zonazione, cloni più adatti, appassimento, vinificazione. Un nome per tutti il vicepresidente del Consorzio, Salvatore Murana.
Fra conservazione e sperimentazione
A questi memorie viventi si affianca il fondamentale apporto tecnico garantito dal Vivaio Governativo “Federico Paulsen”, fondato nel 1885 e diretto per 50 anni proprio dall’insigne studioso a cui si deve l’idea dei portainnesti con la vite americana, soluzione che riuscì a sconfiggere l’infido parassita che sul finire del XIX secolo stava mettendo a repentaglio la sopravvivenza stessa dell’intera viticoltura europea. Presente sull’isola ormai da quasi, un secolo la valente istituzione regionale svolge un lavoro sia di conservazione (sorta di Arca di Noè con i biotipi di Zibibbo sparsi nell’isola, sempre a rischio estinzione a causa della costante riduzione della superficie vitata), sia di sperimentazione di nuovi vitigni “potenziali” rispetto alle diverse tipologie di terreni.
Stimoli che ci forniscono lo spunto per suggerire alcuni possibili piste di lavoro come modesto contributo di profondo estimatore della meravigliosa isola e della sua eroica viticoltura.
Ad esempio, quello di creare un paio di linee di prodotto, uno Zibibbo secco e l’inimitabile Passito naturale (le due categorie su cui puntare, a nostro parere) da commercializzare come bottiglia “collettiva”, con il marchio collettivo del Consorzio. Etichette ambasciatrici da far circuitare nelle fiere di settore e nelle occasioni istituzionali come brand di prodotto che rafforzi il legame territoriale dello Zibibbo con l’isola genitrice e, al contempo, faccia da apripista e da parallelo canale identitario alle produzioni dei vignaioli più strutturati.
Un patto fra ristoratori e strutture di ospitalità.
Stimolare, inoltre, la creazione di un virtuoso circuito di ristoratori e di strutture di ospitalità che, con un simbolo di riconoscimento della loro adesione al progetto, valorizzino in carta i vini panteschi, facendosi promotori del territorio verso i propri clienti.
Rafforzare la già virtuosa collaborazione con le guide ufficiali del Parco Nazionale (giovani e fortemente motivate a valorizzare ogni singola zolla della propria terra, come abbiamo constatato) per intersecare i percorsi proposti con momenti di approfondimento delle peculiari tecniche di produzione dei vini panteschi.
Rinnovare gli abbinamenti gastronomici.
Contestualmente sdoganare l’esclusivo abbinamento del Passito naturale da fine pasto o al classico matrimonio con l’opulenta pasticceria siciliana con nuove possibilità di consumo, associandolo a preparazioni che si muovono per contrasto, spostandolo dalla limitante collocazione di vino da dessert. Calice a cui spesso il consumatore rinuncia o non apprezza come meriterebbe, in virtù della sazietà da fine pasto.
Puntare, pertanto, a modernizzare l’inimitabile Zibibbo di Pantelleria per aumentare le occasioni di consumo e venire incontro anche ad un pubblico giovane e renderlo per così dire, “poligamo”. Con preparazioni forse a prima vista insolite ma che ne esaltano l’unicità, grazie a quella caratteristica dote acido-sapida e alla sua dolcezza mai stucchevole e alle note agrumate che lo rendono riconoscibile…anche al buio.
Non solo i formaggi erborinati e il foie gras ma - prendendo spunto da quello che avviene in Portogallo con il Moscatel de Setubal o in Spagna con il Palomino Fino, giusto per rimanere in ambiti territoriali e gustativi assimilabili - a virtuosi connubi con la saporita e variegata cucina pantesca, a piatti a base di pesce come una “semplice” bottarga di tonno oppure un carpaccio di sgombro agli agrumi o, perché no, una murena fritta che nella tradizione viene preparata in agrodolce e che il nettare pantesco saprebbe rivisitare.
Qualche “affettuoso” sasso lanciato nel meraviglioso mare blu cobalto dell’isola bella per rimandarvi poi alla seconda parte del focus per un succinto resoconto di alcuni dei vini più interessanti degustati nel corso del nostro ultimo tour pantesco.
segue…
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Giuseppe De Biasi
In questo blog vi accompagnerò in giro per l’Italia e in Europa, per parlarvi di vino, cibo e viaggi, alla scoperta dei miei luoghi del cuore e delle affinità elettive che mi legano a piccoli appassionati viticultori come a blasonate firme del vino.
Come giornalista professionista e sommelier da circa trent’anni curo rubriche di vino, enogastronomia e turismo su importanti riviste di settore (Bell’Italia, Bell’Europa, InViaggio, Italia a Tavola).
Ma ciò che più mi entusiasma raccontare sono le storie che si nascondono dietro ogni bottiglia. Di queste vi parlerò nei miei articoli con suggerimenti per le degustazioni, gli abbinamenti gastronomici, consigli per i vostri viaggi alla scoperta del fascinoso universo del vino.
Calici in spalla, dunque, si parte!